L'universo che sussurra by Sabrina Mugnos

L'universo che sussurra by Sabrina Mugnos

autore:Sabrina Mugnos [Mugnos, Sabrina]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2024-07-02T14:56:55+00:00


5. Terra in ascolto: c’è qualcuno lassù?

Esistono due possibilità: o siamo soli nell’universo, o non lo siamo. Sono ugualmente terrificanti.

Arthur C. Clarke

L’Italia che ausculta il cielo

Mi sono lasciata alle spalle la Romagna da un pezzo. Il nastro d’asfalto della strada provinciale 3, diretta verso Bologna, singhiozza nelle frazioni della periferia, serpeggiando tra borghi di campagna e ampi scorci. Dal finestrino i campi ocra, verde e marrone degli appezzamenti coltivati non s’intersecano in poligoni distinti come quando li si guarda dall’aereo, ma si susseguono in un’unica distesa animata dall’aria tremolante dell’orizzonte che assorbe, pallida, i loro colori.

A una trentina di chilometri dal capoluogo, prima di arrivare nella piccola cittadina di Medicina, qualcosa di estraneo spezza la sfilza di alberi e casette che scandiscono l’orizzonte. Nelle giornate torbide di foschia si mostra come una protuberanza oscura; oggi, però, l’aria è stranamente limpida, e una piccola sagoma circolare si distingue chiaramente. È la parabola della Stazione radioastronomica, abitata e gestita dall’Istituto nazionale di astrofisica. È lì che stiamo andando. Per me è un felice ritorno dopo anni di assenza, complici la pandemia e gli impegni lavorativi.

Abbandoniamo la strada principale su una grande rotatoria per imboccare la via Fiorentina. Il manto stradale è sempre più dissestato e bordato da ampi fossati. Nulla sembra cambiare in certi luoghi: c’è ancora la casa rossa cinta da un ampio terrazzo dove un cane nero corre frenetico avanti e indietro, anche se è un po’ meno scattante rispetto all’ultima volta. Poi, poco più avanti, c’è un’altra casa con la facciata scrostata e le solite due sedie di plastica azzurra sbiadita. Niente a che vedere col paesaggio desertico, costellato di antenne, che ha ospitato la dottoressa Ellie Arroway (Jodie Foster) nel film del 1997 Contact. Qui è tutto più vivo e colorato. Al bivio contrassegnato dal cartello di segnalazione dell’impianto svoltiamo a destra, tagliando i campi di mais che si dimenano con le proprie fronde, sfoggiando un caleidoscopio di tonalità. La distanza si accorcia e la prospettiva cambia. La silhouette dell’antenna ora sfoggia un bianco brillante, e quando ci arriviamo sotto ci sentiamo minuscoli al cospetto dei suoi 25 metri di altezza e 32 di diametro.

La parabola somiglia a un gigantesco orecchio, spesso un po’ inclinato, che si tende verso il cielo. Sì, perché qui il cielo non lo si osserva ma si ascolta. Solo in senso evocativo, però, poiché non si tratta delle onde acustiche che possono essere percepite dal nostro apparato uditivo, ma di un particolare tipo di energia. L’universo che ci circonda si manifesta attraverso un’ampia gamma di radiazioni che chiamiamo «onde elettromagnetiche». Le descriviamo in base a tre parametri: la lunghezza d’onda, l’ampiezza e la frequenza. Per spiegare di che cosa si tratta, è facile usare un paragone con le onde del mare: la prima è la distanza tra due creste, la seconda esprime l’intensità, mentre la terza è il loro conteggio nell’unità di tempo. Frequenza e lunghezza d’onda sono inversamente proporzionali tra loro, cioè quando una aumenta, l’altra diminuisce. Ogni



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